mercoledì 18 gennaio 2012

un mio sogno...eccitate. Vero?


L’inizio della carriera universitaria è un punto di svolta nella vita di una persona, un momento in cui conosci persone nuove e puoi essere finalmente te stessa, correggendo eventuali errori accumulati in passato. La mia prima settimana da matricola è stata piena di adrenalina, ero carica a mille, scrivevo quanto un monaco cistercense e sorridevo a tutti, ma ero ancora troppo timida per lanciarmi in nuove conoscenze maschili, così me ne stavo tranquilla con alcune ragazze con cui avevo legato nei primissimi giorni. Il terzo giorno di lezione un nutrito gruppo di maschietti occupò la fila di banchi dietro alla nostra, cosicché alcune ragazze iniziarono subito a presentarsi e ad intavolare una conversazione con i nuovi arrivati. Chiacchierando con i tipi notai subito il ragazzo seduto dietro a me, che se ne stava ad ascoltare musica facendo finta di non vederci nemmeno; moro, capelli mossi, barbetta finta-trascurata, occhi verdi e profondi. Incrociai rapidamente il suo sguardo e sentii delle profonde scosse al basso ventre: sintomo inequivocabile che lo volevo averlo. Dopo aver scambiato qualche parola con il suo vicino lo guardai ancora e gli sorrisi, volevo attirare la sua attenzione e ci riuscii, ma in modo a dir poco disastroso; mi guardò con sufficienza e mi disse: “E quella maglietta orrenda di Hello Kitty? Quanti anni hai, 3 o 4?”. Arrossii di colpo, quell’offesa mi prese in contropiede ed ebbi appena il tempo di studiare qualcosa per controbattere: “Non accetto insulti e critiche da una persona di cui non so nemmeno il nome!”. Il ragazzo mi guardò con un mezzo sorriso e mi tese la mano, replicando stringato: “Andrea”. Gliela presi e sentii la sua stretta, una presa da uomo, non da ragazzino appena universitario. I convenevoli, però, vennero interrotti dalla professoressa, la quale entrò in classe e iniziò la sua spiegazione. Le giornate successive trascorsero tranquillamente, i due gruppi si fusero insieme a formarne uno di una quindicina di persone e iniziammo tutti a conoscerci. Andrea era il mio chiodo fisso, ero single da poco, avevo concluso una relazione di quasi tre anni e non ero più abituata a farmi desiderare ed a provocare, ma volevo farmi notare a tutti i costi. Mi concentravo in maniera maniacale nel vestirmi in maniera discreta ma riconoscibile, soprattutto puntando sulla scollatura, anche se l’attenzione la attiravo nel momento in cui mi rapportavo con lui; fra Andrea e me c’erano continui battibecchi e goliardiche prese in giro, tanto che il mio coinvolgimento nei suoi confronti era evidente e palese a tutti, ed ovviamente anche al diretto interessato, che non perdeva occasione per dimostrarsi spavaldo ed arrogante, canzonandomi di tanto in tanto con un: “Beh, ma io sono bello” oppure: “Dai Giulia, dillo che ti piaccio, è evidente, non può essere altrimenti” e così via. Più i giorni passavano, più il rapporto si faceva scherzosamente intimo; una mattina, mentre analizzavamo ogni singola ragazza del corso, ci fermammo ad osservare una tipa con due bellissimi occhi grandi. Andrea mi disse: “Guarda che begli occhioni, chissà che…” e lasciò cadere la frase a metà, aggiungendo poi maliziosamente: “Naaah, lascia perdere non capiresti!”. Ovviamente caddi in provocazione e stetti al gioco, replicando in maniera candida e ingenuamente scandalizzata: “Ha uno sguardo da pompinara, e tu sei vergognoso, che schifo di discorsi!”. “Quanto sei bigotta!” rispose acido, mentre io voltavo le spalle e mi dirigevo diretta al mio posto. Dopo pochi istanti tornai da Andrea e gli lasciai un biglietto, mentre mi piegavo con noncuranza ai suoi piedi; mi guardò confuso e lo rigirò fra le mani, esitando nella lettura, poi si decise e lo aprì. Vidi un mezzo sorriso spuntare sul suo viso durante la lettura; “Dicono che anch’io ho gli occhi da pompinara… e sostengono anche che io sappia usare molto, molto bene la bocca… secondo te?”. Lo fissai dal basso verso l’alto per un istante che mi sembrò lungo una vita e Andrea, sorridendo, annuì leggermente, rispondendomi: “Eh sì, hai proprio lo sguardo innocente! Davvero perfetto dal mio punto di vista…” e subito dopo mi aiutò ad alzarmi, sistemandosi in modo plateale i jeans. Andrea mi mandava in confusione, non si sbottonava mai e non lasciava trasparire insofferenza nei confronti delle mie attenzioni, ma nemmeno interesse. Tale situazione si sbloccò un pomeriggio, quando, alle continue pressioni e domande da parte dei nostri compagni di corso, affermò che mi vedeva solamente come un’amica e che fra noi non ci sarebbe potuto mai essere nulla. Quando venni a conoscenza della realtà ci rimasi malissimo e, dopo aver pianto per la vergogna, decisi di reagire e di cambiare tattica; gli scrissi tutta la sera provocandolo con sms maliziosi e facendogli intendere che sarei stata mooooooooolto disponibile a soddisfarlo in tutte le sue fantasie. Il giorno dopo mi presentai in facoltà con addosso ad una canottiera nera molto scollata, una minigonna scozzese a balze, calze a rete nere e stivaletti neri con il tacco molto alto; sentivo gli sguardi di tutti i ragazzi posarsi sulle mie gambe e sulle mie tette, ma aspettavo solamente che arrivasse Andrea, per giocare un po’ con la sua resistenza. Quando lo vidi arrivare feci finta di nulla, chiacchierando con le altre ragazze, ma la tensione era palpabile e l’imbarazzo evidente, soprattutto sui volti dei nostri compagni, che avevano sostenuto la discussione con Andrea il pomeriggio precedente. Percepivo il suo sguardo sul culo e sulle gambe, sapevo benissimo che mi stava squadrando da capo a piedi, e cercavo di immaginare cosa passasse nella sua testa; più immaginavo i suoi pensieri più mi bagnavo oscenamente. Quando entrammo in classe lo vidi dirigersi in ultima fila e lasciarmi in posto accanto a lui, mentre con lo sguardo mi invitò ad accomodarmi. Nessuno dei due disse nulla, ma ci scambiammo una lunga occhiata; le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie e mi sorrideva in modo beffardo, sicuro di avere la situazione in mano. Distolsi lo sguardo ed iniziai a prendere silenziosamente appunti, quando, di colpo, la mia mano sparì sotto il banchetto e si appoggiò distrattamente alla sua gamba; cercò i miei occhi e li trovò, proprio mentre diressi delicatamente la mano verso il suo interno coscia. Arrivai al cavallo dei jeans e gli sorrisi maliziosa, mentre strofinavo il suo cazzo da sopra il tessuto, fingendo di seguire la lezione in maniera interessata. Andrea imitò il mio gesto e portò la sua mano sotto la mia gonna, strusciandola sopra le calze e le mutandine completamente bagnate a causa dell’eccitazione provocata dalla situazione pubblica in cui ci trovavamo. Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai: “Sei davvero delicato… Mi hai fatta bagnare da morire, ho tanta voglia di sentire il tuo cazzo che mi sfonda la fighetta…”. La reazione alle mie parole fu subito evidente al tatto, infatti, il suo cazzo si gonfiò ancora e Andrea liberò una tasca, per facilitarmi il contatto. Sentivo distintamente la cappella sotto le mie dita, immaginavo il suo cazzo scorrere fra le mie labbra e ogni tanto controllavo che nessuno vedesse i nostri movimenti. La situazione mi faceva andare fuori di testa e le sue dita diventavano sempre più rapide a stuzzicarmi il clitoride e le labbra, tanto che sentivo di essere prossima all’orgasmo. D’un tratto ebbi un’idea che lo avrebbe certamente eccitato ancor di più; spostai la sua mano a malincuore dalla mia topina e allungai la mia verso la sua penna. Con un movimento repentino la portai sotto il banco e, scivolando di qualche centimetro verso il bordo della panca, feci passare la penna in uno dei buchi dei collant e spostai, anche se con difficoltà, le mutandine, per farla sparire nella mia fighetta bagnata e bollente. Andrea mi guardava senza parole, mentre sentivo la penna scorrere rapida avanti ed indietro; raggiunsi l’orgasmo trattenendo le grida con difficoltà e cercando di non respirare, per godere di quel piacere più a lungo possibile, ma non distogliendo mai lo sguardo da quello del mio compagno, il quale mi fissava smanioso di raggiungere anch’esso il piacere. Lentamente sfilai la penna fradicia dalle mutandine e me la portai alla bocca, leccandola e pulendola con la lingua, simulando un evidente pompino; mi passai il mio sapore sulle labbra e gli porsi la penna, avvicinandomi al suo viso e afferrando con decisione il suo cazzo da sopra i jeans. Il ragazzo accanto a noi stava dormendo, mentre i nostri colleghi delle file precedenti o seguivano la lezione oppure giocavano a briscola, così presi coraggio e sbottonai i jeans ad Andrea, mentre lui si abbassò i boxer, incredulo per ciò che stava succedendo. “Posso giocare con il tuo cazzo?” gli chiedi maliziosa, e lui mugolò qualcosa di incomprensibile mentre gli sfioravo delicatamente il cazzo dalla cappella fino alla base, in tutta la sua lunghezza; era grosso, non ne avevo mai visto uno così, e non è una di quelle frasi che si usano per dare enfasi al racconto, è proprio così! Mi impadronii del suo cazzo ed iniziai a fargli una sega, muovendo la mia manina con decisione su e giù, cambiando ritmo ogni tanto, per torturarlo un po’. Mi osservava con gli occhi socchiusi, mentre io mi leccavo le labbra, realizzata nel vederlo godere così tanto. Ad un tratto, però, con la coda dell’occhio vidi una nostra collega seduta due file più avanti girarsi distrattamente verso di noi; presa dal panico sussurrai ad Andrea: “Ehi, devo fermarmi, ci stanno guardando!” e, mentre anche lui incrociava lo sguardo con quella ragazza, uno schizzo copioso di sborra mi colpì la mano, seguito da altri meno decisi, che mi imbrattarono completamente tutta la mano. Andrea mi guardò esterrefatto, mentre gli sorridevo con il viso accaldato. Il suo sguardo si posò sulla mia mano, ancora ferma a stringere il suo cazzo e si mise a ridere in modo silenzioso, passando in rassegna le file di ragazzi intenti a seguire la lezione e si fermò alla tipa che qualche istante prima si era girata, rassicurandosi nel momento in cui la vide di spalle. Morsi il collo del mio compagno e mi abbassai lentamente, mentre mi portavo le dita ricoperte di sborra alla bocca, per sentire il suo sapore. Dopo averla assaggiata mi avvicinai alle sue labbra e sentii ancora il suo respiro affannato; Andrea indugiò per alcuni istanti e mi concesse il bacio che aspettavo, stringendomi forte e facendomi capire che fra noi non sarebbe finita così facilmente.

10 commenti:

  1. io al suo posto appena mi avresti mandato il messaggio che lo volevi senza pensarci due volte te lo avrei appoggiato già fra le tette il mio 24 cm x 7.5 o se no ti avrei fatta edere su anche ti avrei tirata per i capelli e te lo avrei fatto pompare fino a inondarti la bocca. firmato gigolò napoletano

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  2. ti vorrei scopare adesso... non puoi dire di no al mio gran cazzo

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  3. mmmmmm....tu si che ci sai fare..

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  4. foto originali, ragazza che merita......credo che rimarrà sempre e solo un sogno...non avrò mai la tua fiducia

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    1. io non dispererei...non sei tanto male...kiss!

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    2. io ti avrei fatto prima un ditalino poi ti avrei portata in un posto appartato dove non ci vedeva nesuno e ti avrei scopata ti avrei fatta godere come non mai ti avrei fatto sentire il mio enorme cazzo spero che possa accadere un giorno

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  5. io ti avrei fatto un ditalino e poi ti avrei portata in un posto appartato e ti avrei scopata

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  6. Racconto ben scritto ed eccitante...complimenti per la vena poetica....continua

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